Rieccoci per il nostro terzo appuntamento della rubrica “Fotografi famosi”. Quella che racconteremo oggi sarà la storia di Thierry Cohen, un fotografo francese che ha deciso di utilizzare la fotografia come portavoce dell’impatto dell’uomo sull’ambiente.
Un punto di vista che intraprende entrambe le direzioni, soffermandosi sia sull’uomo con la sua espansione ambientale, sia sul Pianeta, con le sue risorse e le sue sofferenze.
La scelta di questa figura artistica, è una scelta coerente con il percorso che abbiamo deciso di affrontare in questi mesi: un misto tra le fotografie di paesaggio di Franco Fontana, gli scatti sulla relazione uomo-paesaggio di Jacob Howard, e le foto notturne di cieli stellati e via lattea.
È proprio questo, tra tanti, uno dei soggetti maggiormente immortalati da Cohen, che ha contribuito a inserirlo nella nostra classifica dei fotografi famosi.
Non passano inosservati, infatti, i suoi scatti alle stelle e alle galassie, ritratti spesso come sfondo di monumenti e piazze più famosi che, paradossalmente, a confronto passano quasi in secondo piano.
Conosciamo meglio questo artista francese contemporaneo e scopriamo il suo punto di vista per quel che concerne la fotografia notturna.
Alla scoperta di Thierry Cohen, pioniere della fotografia digitale
Thierry Cohen, nato a Parigi nel 1963, debuttò nel mondo della fotografia verso gli anni ‘80. Oggi viene riconosciuto come uno dei fotografi famosi a cui fare riferimento proprio per le sue intuizioni all’avanguardia.
Infatti, definirlo “pioniere della fotografia digitale” è corretto e usuale. Uno degli aspetti caratteristici dell’artista è il suo interesse verso l’impatto dell’essere umano sulla natura. Attraverso il suo occhio clinico, il fotografo ha voluto impostare una struttura artistica e coerente.
Tra i suoi lavori più rilevanti, infatti, si ricordano:
- “Binary Kids”, una serie di scatti del 2008 attraverso i quali Cohen si interroga sul futuro delle nuove generazioni in rapporto all’origine e alle conseguenze dell’aumento delle tecnologie digitali.
- “Darkened Cities”, progetto de 2010 di cui parleremo a breve, tramite il quale il fotografo ha cercato di restituire le stelle alle città sempre più soffocate dall’inquinamento luminoso.
- “Carbon Catcher”, una serie iniziata dal 2018 dedicata sempre al rapporto dell’essere umano con la natura e con l’habitat in cui si trova. Qui Cohen si sofferma sul ruolo delle foreste come strumenti di assorbimento della CO2, essenziali per la sopravvivenza umana.
Progetto “Darkened Cities” e l’arte della composizione
Per la serie “prendere il negativo e trarne vantaggio”, non c’è esempio migliore del progetto fotografico di Thierry Cohen avviato nel 2010.
Riuscireste mai a immaginare che da una realtà come quella dell’inquinamento luminoso si possa trarre un’opera d’arte? Ebbene qualcuno l’ha fatto e quel qualcuno c’ha visto lungo!
Il nome del progetto in questione è “Darkened Cities” o “Villes Éteintes” che in italiano significa, appunto, città spente, scurite. Alla base dell’idea fotografica c’è l’intuizione di Cohen di rappresentare un mondo senza inquinamento luminoso.
Il fotografo così, spinto da questa idea, elabora un vero e proprio metodo per rappresentare le maggiori città del mondo libere da sorgenti luminose ed elementi di distrazione. Un risultato che mostra silhouette di città dormienti, aventi come sfondo protagonista un meraviglioso cielo terso e stellato.
Ma come rendere possibile l’impossibile?
Fotografare la via lattea con il Metodo Cohen
Seguendo le orme del fotografo Gustave Le Grey, Cohen ha preso ispirazione per quello che oggi viene definito “metodo Cohen”. In pratica, per incorniciare le capitali mondiali più iconiche in splendide costellazioni, il fotografo immortala inizialmente le metropoli.
In un secondo momento, sfruttando la stessa angolazione, latitudine e longitudine della posizione precedente (così come la rotazione del mondo attorno al proprio asse), realizza la stessa foto ma in un luogo privo di fonti luminose dove poter fotografare una perfetta via lattea. Luoghi come il deserto del Mojave, del Sahara e dell’Atacama.
Alla fine, attraverso un lavoro di post-produzione, sovrappone le due immagini riuscendo a dar vita a opere d’arte del genere.