Lo stabilizzatore d’immagine è un sistema che permette di compensare il tremolio involontario associato alle mani del fotografo.
Durante l’acquisizione di una fotografia o la ripresa di un video il tremolio associato alle mani o anche alla respirazione può produrre degli effetti indesiderati.
Questo è particolarmente evidente con l’impiego di obiettivi a focali più lunghe per cui ogni minimo movimento associato alla camera si traduce in un movimento molto ampio dell’immagine ripresa.
Quando si effettua uno scatto con tempi di esposizione sufficientemente lunghi (spiegheremo il tempo di esposizione nei prossimi capitoli), l’assenza di uno stabilizzatore può risultare in un’immagine mossa o in generale poco nitida.
Nelle fotocamere moderne lo stabilizzatore può essere accoppiato all’obiettivo, al sensore o ad entrambi. In un obiettivo stabilizzato, lo stabilizzatore permette, tramite un giroscopio, di controbilanciare i movimenti involontari della mano di chi scatta tramite il movimento delle lenti.
Lenti che incorporano un sistema di stabilizzazione sono generalmente più costose delle controparti non stabilizzate.
Nelle fotocamere di fascia alta che hanno raggiunto il mercato negli ultimi anni, i costruttori hanno introdotto un sistema di stabilizzazione associato al sensore chiamato IBIS (In Body Image Stabilization).
Questo sistema, similmente a quanto accade nelle lenti stabilizzate, sfrutta un giroscopio per compensare i movimenti involontari della macchina tramite il movimento del sensore stesso.
È possibile trovare accoppiate di lenti e corpi macchina entrambi dotati di sistema di stabilizzazione.
Generalmente la qualità di un sistema di stabilizzazione si misura in “Stop” ovvero quanti stop la stabilizzazione permette di recuperare in fase di scatto.
Una regola importante da tenere a mente in fase di scatto in condizioni di scarsa luminosità è la regola dell’inverso.
Questa regola ci permette di calcolare facilmente come “tempo di sicurezza” per lo scatto a mano libera quello più vicino alla focale dell’obiettivo approssimando per eccesso:
Per fare un esempio pratico, se si scatta con una lente da 100 mm, il tempo di sicurezza per evitare di avere foto mosse sarà di 1/100 secondo.
Con una lente da 200 mm il tempo di scatto diminuirà ad 1/200 di secondo.
Questo indica che il tempo di sicurezza aumenta al diminuire della lunghezza focale e viceversa. Una conseguenza di questo principio è che usando focali brevi il rischio di ottenere immagini mosse diminuisce rispetto all’uso di teleobiettivi.
Detto questo, per spiegare cosa significa quando leggiamo che uno stabilizzatore ha un’efficienza (ad esempio) di 4 stop possiamo ricorrere ad un altro esempio.
Immaginiamo che nelle condizioni di scatto il nostro tempo di sicurezza sia 1/125 di secondo.
Abbiamo accennato in precedenza che uno stop corrisponde al raddoppio della quantità di luce che entra nell’obbiettivo.
Prendendo in considerazione solo i tempi di scatto, un’efficienza di 4 stop ci permetterebbe di ottenere un’immagine nitida con una velocità di scatto che corrisponde ad una differenza di 4 stop rispetto a 1/125 ovvero 1/8 di secondo.
Scattando a 1/125 di secondo e aumentando il tempo di esposizione di 1 stop otterrei un tempo di esposizione di 1/64 ovvero un tempo di esposizione lungo il doppio e che permette di catturare il doppio della luce.
Andando avanti e aumentando ancora il tempo di esposizione di un altro stop ottengo 1/32.
Con un altro stop ottengo 1/16 e con l’ultimo dei 4 stop offerti dallo stabilizzatore 1/8 di secondo.
Se provate a scattare a mano libera a 1/8 di secondo vi renderete conto di come sia abbastanza difficile ottenere delle immagini nitide.
Una lente stabilizzata vi permetterebbe di avere una buona nitidezza a tempi di scatto anche abbastanza lunghi e questi vantaggi aumenterebbero qualora aveste un sistema di stabilizzazione associato sia alla lente che al sensore.