Rieccoci di nuovo qui con un altro appuntamento della rubrica: fotografi famosi. Il nostro soggetto di oggi sarà Henri Cartier-Bresson, una figura d’eccellenza nel parterre storico e artistico dei fotografi di rilevanza mondiale.
La scelta del fotografo francese è nata in onore del 114 anniversario dalla nascita dell’artista, avvenuta nel 1908. Facendo riferimento all’anno della sua nascita, è inevitabile non risalire all’intero scenario storico con cui si è confrontato e scontrato l’artista.
Reduce non solo del passaggio artistico dall’illuminismo al surrealismo ma anche del passaggio storico dalla Prima Guerra Mondiale, alla Seconda, per poi passare anche per gli anni della Guerra Fredda. In un periodo come questo era quasi inevitabile diventare un fotoreporter: si può dire che il percorso professionale fosse già quasi predisposto dagli eventi storici. Sopratutto per una figura politicamente e socialmente attiva come quella di Henri Cartier-Bresson.
Chi era Henri Cartier-Bresson?
Tutto è iniziato a Chateloup, un villaggio non molto distante dalla capitale francese. Esattamente a pochi km da Parigi, da una famiglia di alta-borghesia il 22 agosto 1908 nacque Henri Cartier-Bresson. Il suo destino artistico si delineò sin dai primi anni di studi, quando decise di intraprendere la carriera di pittore seguendo André Lothe come maestro.
Particolarità di questo autore, però, è che non si definì subito come fotografo, anzi. Bisogna aspettare il 1930, l’anno in cui Cartier-Bresson, durante uno dei suoi numerosi viaggi fotografici, fu colpito da una fotografia di Martin Munkacsi, celebre fotografo ungherese specializzato soprattutto nella fotografia di moda. In base a quanto riportato, Bresson ammise che: «è stata quella foto a dar fuoco alle polveri, a farmi venir voglia di guardare la realtà attraverso l’obiettivo».
Fu così che finalmente il mondo della fotografia e Henri Cartier-Bresson si conobbero per la prima volta e la pittura venne messa da parte. Il 1932 fu l’anno della quarta macchina fotografica, l’emblematica Leica 35 mm con lente 50 mm, di cui si servirà per moltissimi anni. La prima fu una Kodak Brownie, la seconda una grande formato, la terza una 35mm difettosa acquistata in Costa d’Avorio.
Successivamente Bresson dovette fare i conti con le armate naziste che, durante la Seconda Guerra Mondiale, nel 1940 lo imprigionarono in quanto elemento della resistenza francese. Dopo tre tentativi, il fotografo riuscì a evadere di prigione e, nonostante tutto, non cessò di portare avanti la sua attività fotografica, anzi. Si può dire che fu proprio grazie ai suoi scatti di guerra che ad oggi gli si può attribuire l’etichetta di fotogiornalista/reporter.
Influenze artistico-storiche nello sviluppo della fotografia di Bresson
Padre indiscusso del fotogiornalismo come oggi lo conosciamo, Henri Cartier-Bresson ha un background storico-artistico particolarmente incisivo. A fargli da precursore si dice sia stato Eugène Atget, un commediografo francese mancato, che nei primi anni del 1900 si affermò tra i fotografi famosi per la sua fotografia documentaristica.
Definito dai critici di quel tempo come fotografo del filone surrealista, Eugène Atget ispirò Bresson soprattutto dal punto di vista della fotografia umanistica e documentaristica. Spinto da una fervente coscienza politico-sociale, il fotografo francese non poté non riversare tutto il suo impegno nel fotogiornalismo.
La fotografia di Bresson è stata in grado di arrivare oltre i limiti geografici grazie ai numerosi viaggi fotografici effettuati dall’artista. Cina, Messico, Canada, Stati Uniti, Cuba, India, Giappone, Unione Sovietica e molti altri paesi sono stati scenario degli scatti più celebri dell’autore.
In particolar modo l’Unione Sovietica del dopoguerra è stata soggetto di molte fotografie di Bresson, diventato di conseguenza primo fotografo occidentale a fotografare liberamente in questi territori devastati e fatiscenti.
A siglare definitivamente la nascita di un nuovo filone fotografico fu la fondazione della storica agenzia Magnum nel 1947, rafforzato ancora di più dalla pubblicazione de “Il momento decisivo” nel 1953. Ancora oggi questo libro è considerato dalla maggior parte dei fotoreporter un’assoluta “Bibbia” per le foto documentaristiche e di reportage.
Nel percorso professionale e artistico di Bresson, la fotografia sarà la protagonista fino agli anni ’70, periodo in cui deciderà di tornare sulle orme della pittura dichiarando: «In realtà la fotografia di per sé non mi interessa proprio; l’unica cosa che voglio è fissare una frazione di secondo di realtà».
Lo stile del fotografo definito “occhio del secolo”
Quando si parla di Henri Cartier-Bresson viene naturale definirlo “occhio del secolo“. Non esiste un motivo preciso per l’attribuzione di questo appellativo, se non i suoi scatti in bianco e nero e la sua estetica del “momento decisivo”.
È esattamente questa la peculiarità assoluta dell’artista francese: produrre lavori fondati sul realismo e sull’immediatezza. E su questi due pilastri Bresson dava vita a fotografie in cui “testa, occhi e cuore” fossero perfettamente allineati.
Per rendere tutto ciò possibile, il fotografo decise di farsi accompagnare in quasi tutto il suo percorso artistico dalle macchine Leica proprio per la loro versatilità e discrezione. Queste gli permettevano di scattare in maniera fugace e senza dare nell’occhio (proprio l’approccio che preferiva adottare in ogni occasione). Lo scopo era cogliere l’attimo e renderlo eterno: dare la possibilità di fermare il momento e di mostrarlo per com’era: dagli occhi del fotografo, allo scatto.
Egli rifuggiva qualsiasi artificio o messa in scena in favore dell’istante decisivo. Proprio per questo motivo la scelta estetica del bianco e nero era l’unica capace di donare non solo valore emotivo all’attimo, ma anche di evidenziarne forme e sostanze. Soprattutto nei casi in cui cercava di ricreare l’armonia, la spontaneità e l’irripetibilità del vivere umano in rapporto al mondo circostante.
In questo senso Henri Cartier-Bresson si è guadagnato il soprannome di “occhio del secolo”. Nonostante la sua ultima inversione di marcia verso la pittura, questo fotografo francese in particolare sarà sempre ricordato per essere stato in grado, tra i fotografi famosi, di arrivare al cuore del problema.